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2011年4月14日星期四

Coppia egiziana chiama la figlia Facebook in onore del ruolo del web nella rivoluzione di Tahir Square

FACEBOOK - Hanno chiamato la figlia Facebook. Fan accaniti del social network di Marck Zuckerberg? Può darsi, ma il vero motivo per cui un egiziano ventenne ha deciso di chiamare così la figlia, è per il ruolo importante che Facebook ha avuto nella rivoluzione egiziana che ha posto fine al regime di Mubarak. La bambina si chiamerà Facebook Jamal Ibrahim e la notizia di questo curioso battesimo è stata riportata anche da uno dei quotidiani più letti d'Egitto, Al-Ahram. E' stato proprio grazie a Facebook infatti che è stato possibile far passare le prime voci iniziali, radunare i primi manifestanti, portare poi in piazza Tahir decine di migliaia di persone. Per le strade del Cairo, non è difficile imbattersi in scritte murali che riportano: "Thank you Facebook". L'Egitto, uno dei paesi africani che nonostante tutto godono di un maggior sviluppo anche tecnologico, conta 5 milioni di utenti iscritti al social network, più di ogni altro paese africano o medio orientale. Non appena sono cominciate le manifestazioni, il numero di iscritti è aumentato vistosamente. A partire dal 25 gennaio sono nati 32mila nuovi gruppi e 14mila nuove pagine. Non è stato solo Facebook a permettere ai rivoltosi egiziani di portare a termine vittoriosamente la loro battaglia. Anche Twitter, Youtube e perfino Google sono stati di fondamentale aiuto. Ma la scelta di questi genitori egiziani è ricaduta proprio su FB, simbolo di come i social network aiutano a lanciare messaggi di libertà.
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LE REAZIONI - L'11 febbraio, mentre la rivoluzione egiziana procede con l'occupazione della piazza simbolo, Tahir Square nel cuore del Cairo,, il sito peacelink.it riporta questo drammatico messaggio: "Confermiamo quanto è stato riferito stasera: in un'azione senza precedenti nella storia della Rete, il governo egiziano sembra aver ordinato ai provider di servizi Internet di disattivare tutte le connessioni internazionali. I fondamentali collegamenti in fibra ottica tra l'Europa e l'Asia attraverso l'Egitto sembrano non essere coinvolti finora. Ma in Egitto tutti i servizi, ogni tipo di attività, dalle banche ai siti Internet, ai bar, alle scuole, alle ambasciate ed agli uffici del governo che si basavano su uno dei quattro grandi provider per i loro collegamenti, sono ora tagliati fuori dal resto del mondo. Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt, Etisalat Misr e tutti i loro utenti e partner sono, per il momento, offline". E' il disperato tentativo del regime di Mubarak di sconfiggere la rivoluzione pacifica che proprio grazie alla Rete è nata ed è riuscita a organizzarsi. A differenza di quanto accaduto in Tunisia nella rivoluzione locale, dove erano stati bloccati solo alcuni collegamenti, o dell'Iran, dove la Rete non è stata chiusa ma rallentata volutamente per rendere le connessioni praticamente inutilizzabili, l'Egitto ha voluto oscurare del tutto il Web. Un fatto senza precedenti, ma che durerà poco. Il regime egiziano sarà costretto a riaprire via via la connessione. E' l'inizio della vittoria dei rivoltosi. E adesso in Libia sta accadendo di nuovo la stessa cosa. Il traffico Internet è quasi del tutto fermo.
LA CINA - A dire della forza e dell'importanza della Rete e dei suoi social network, è il caso della Cina. Nel grande paese asiatico non si è ancora avuta nessuna rivolta del tipo di quella egiziana, ma proprio per prevenire qualunque tipo di imitazione, il governo cinese nei giorni delle manifestazioni egiziane, ha dovuto ricorrere allo stesso sistema del governo egiziano. Ha cioè fatto sì che chiunque cercasse la parola "Aiji", che in cinese mandarino significa "Egitto", ricevesse un messaggio di errore. Facebook? Non c'è stato bisogno di oscurarlo, visto che il social network è già censurato in Cina, così come Twitter. Il motivo? Ovvio: sono luoghi di libertà assoluta, da cui possono nascere le rivoluzioni. Qualcuno forse dovrebbe dare il prossimo premio Nobel per la pace a Internet.
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